sommario

EDITORIALE

di Riccardo Cascioli

PRIMO PIANO

Lavorare con Dio

Il lavoro, compimento della Creazione
di Tommaso Pevarello

Faticare è umano, lavorare è divino
di Marco Ferraresi

Laborem exercens: il lavoro è per l'uomo
di Stefano Fontana

MARIOLOGIA

La ricorrente tentazione di ingabbiare Maria
di Serafino Lanzetta

BIBBIA

La scure "pastorale" sui salmi imprecatori
di Luisella Scrosati

MORALE

La dinamica del vizio
di Tommaso Scandroglio

STORIA

Donne senz'anima? Un falso storico
di Giorgio Cavallo

CINEMA

Il dramma di padre Anatoly
di Stefano Chiappalone

VITA CRISTIANA

Padrini e madrine alla prova della fede
di Stefano Bimbi

SPIRITUALITÀ

Non solo Rosario. Le altre "coroncine" mariane
di Mario Piatti

Editoriale

Il senso del fare

di Riccardo Cascioli

Riccardo Cascioli

Visitando tempo fa una mostra sulla costruzione di una cattedrale medioevale, ricordo di essere stato colpito dalla cura con cui erano state lavorate le pietre e curati i dettagli anche nelle parti destinate a restare nascoste. Cioè, il lavoro non era finalizzato semplicemente a ottenere un bell’effetto visibile al pubblico, ma doveva essere fatto bene in sé, in ogni particolare, anche se non ci sarebbe stato nessuno a poter dire “che bello!” o “come lavori bene!”. O meglio, quegli artigiani e quegli operai erano esistenzialmente certi che quello che conta è solo il giudizio di Dio, certi che la cura affinché ogni cosa sia ben fatta è solo il riflesso dell’amore che Dio ha messo nella Creazione: «Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona» (Gen 1,31).
Si tratta di una vera e propria sfida al modo in cui noi viviamo normalmente il lavoro, dove si è più attenti all’apparenza, dove la gratificazione dipende dal giudizio degli altri o dalla remunerazione o dal successo sociale, dove si è attenti a ridurre al minimo la fatica.
È anche il segno della novità che il cristianesimo ha portato nella storia: il lavoro non è più maledizione, non è qualcosa da evitare e far fare a schiavi e servi, non l’inevitabile fatica per poter sostenere sé e la propria famiglia. Ma partecipazione alla creazione di Dio, consapevolezza che la realtà è positiva perché creata da Dio e chiede solo di essere modellata secondo il suo fine.
Non è una novità soltanto rispetto a quel mondo romano in cui è vissuto Gesù, ma tuttora è possibile verificarla nel confronto fra i Paesi eredi di una civiltà cristiana e le altre culture e religioni.

Il Primo Piano che proponiamo in questo numero approfondisce proprio il totale cambiamento di prospettiva che il cristianesimo ha introdotto nella storia a proposito del lavoro, sia richiamando i passi biblici che lo spiegano, sia attingendo al magistero – soprattutto di San Giovanni Paolo II – e sia declinando tutto ciò in alcuni aspetti caratteristici della società contemporanea.
Sarebbe però sterile se leggessimo questi contributi solo in chiave di conoscenza intellettuale. Si tratta invece di verità di cui riappropriarsi anzitutto per giudicare il modo in cui viviamo il lavoro (inteso anche in senso lato, come impegno con la realtà), dato che è sempre più evidente che nella nostra società viviamo quella che il filosofo e sacerdote polacco Józef Tischner definiva «malattia del lavoro».  Tischner, autore di un saggio sull’Etica del lavoro e punto di riferimento del movimento sindacale Solidarność le cui proteste e scioperi all’inizio degli anni ’80 del XX secolo segnarono l’inizio della crisi del regime comunista, diceva che «il progredire della malattia del lavoro si manifesta in questo convincimento, che lavoriamo al buio, senza un senso». E il senso del lavoro, diceva, è strettamente legato alla verità dell’uomo.
Per questo il modo di vivere il lavoro è già un’occasione di testimoniare la fede.